Una cosa divertente che non farò (forse) mai più – giorno 6, 7, 8

Una cosa divertente che non farò (forse) mai più – giorno 6, 7, 8

Potete abbandonarvi a un sospiro di sollievo: questo che scrivo è il post conclusivo del reportage della mia prima crociera.
Riassumo 3 giorni in un sol giro perché domani sbarco e non avrò più tempo per scarabocchiare il blog; dalla terraferma mi hanno già inviato segnali che l’intervallo del cazzeggio è scaduto e la marea che mi aspetta da domani è quella delle incombenze.
Il giorno 6 c’è stato lo sbarco a Messina, con passaggio tra Scilla e Cariddi all’alba e trekking sull’Etna – che nel linguaggio del crocierista pigro si traduce in due ore di autobus e 30 minuti di camminata in piano.
Il giorno 7 ha visto l’ormeggio a Civitavecchia, con l’escursione “Un indimenticabile giornata a Roma”, in visita ad una capitale surreale senza clacson, senza turisti e senza giapponesi.
Il giorno 8 sarà domani a Savona, il d-day dello sbarco organizzato e dell’ultima colazione.
I più attenti avranno notato che, alla fine del tour, il titolo di questa rubrica è cambiato: è scomparso il punto interrogativo dopo “divertente” – perché divertente l’esperienza lo è stata senza dubbio – ed è comparso un “forse”, perché mai dire mai a un futuro da crocierista.
Quali conclusioni posso trarre da questo strano gioco?
Infilo in valigia ricordi indimenticabili e altri di cui sarebbe francamente meglio non conservare memoria, ma che mi hanno regalato in ogni caso molto spasso.
Non dimenticherò:
– Questa parentesi di inconsapevolezza in un periodo incredibile, questa nave illuminata che tenta ostinatamente di navigare nel pieno della pandemia, che cerca, senza riuscirci davvero, di levare gli ormeggi, di esorcizzare l’ansia e lasciare in banchina la paura del virus.
Salpate in fase 3, noi fanciulle “rimettiamo i piedi per terra” in un inverno lungo e pesante, da colorare con pastelli giallo, arancione e rosso.
– Non dimenticherò le nostre città d’arte surreali, senza turisti. La bellezza senza spettatori. Una Piazza San Pietro deserta a mezzogiorno, una fontana di Trevi senza il muro umano di contorsionisti dei sefie e lanciatori di monetine, una reggia di Caserta che risuona dei miei passi…
Il senso di infinto privilegio nel godere in esclusiva della meraviglia, accanto alla tristezza della mancata condivisione.
– Non dimenticherò la disperazione e l’incertezza di un intero comparto turistico, percepibile ovunque: tra gli agenti di viaggio sopra la nave, tra i camerieri senza comande, nel pianista piacione che suona per una coppia solitaria, nei croupier in infinita attesa, nelle navi da crociera ferme in rada, nelle guide sinceramente grate di raccontare l’aneddoto ancora una volta.
Non dimenticherò le mie esplorazioni nelle zone di confine: ai confini tra cielo e mare, sulla passeggiata sospesa a 65 metri dalle onde;
sulla soglia tra notte e giorno, nelle albe dalla luce timida e l’equipaggio che prepara la festa;
al limitare tra giorno e notte, nei tramonti infuocati, navigando silenziosi accanto alla silhouette nera delle Eolie e con l’equipaggio che spegne la giostra, impila le sdraio, lega le amache, celebra i riti della nave che si illumina e della notte che incomincia.
Non dimenticherò il mare che respira e un meteo miracoloso che mi ha graziato con un novembre confortante come un’inaspettata primavera e mi ha aperto il cuore ogni mattina.

Dimenticherò presto o, meglio, ricorderò con un sorriso:
– I corridoi di ascensori di specchi, la spocchia di alcuni, i sorrisi da contratto e i saluti obbligati, le piante finte, i tentativi finto entusiasti dell’intrattenimento, l’organizzazione teutonica, le mandrie umane per fortuna numericamente ridotte dalla congiuntura, gli spostamenti sotto sequestro, le foto ricordo, le escursioni mordi e fuggi, ma anche gli idromassaggi, le piscine alte un metro e trenta, i tamponi, le mascherine, i gel disinfettanti.
– Il vago senso di colpa conseguente a riflessioni etiche, sociali, ambientali, che dopo un po’ sul grattacielo galleggiante smetti di fare, ubriacata dal turbinio del luna-park.

Torno così.
Con gli occhi pieni degli orizzonti più aperti e dei cieli più belli che abbia visto negli ultimi mesi, con la testa piena di contraddizioni così facili da mettere a tacere, con il cuore pieno di riconoscenza per mia sorella che mi ha spinto a bordo e che ha insistito perché venissi a sgretolare qualche pregiudizio, ha sopportato la mia spocchia e mi ha regalato un’inaspettata esperienza divertente e, soprattutto, insieme.
Sono le due di notte, le valige sono sulla moquette del corridoio e anche questa è fatta.

Leggi i post precedenti del diario di bordo:
giorno 1
giorno 2
giorno 3
giorno 4
giorno 5

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