Sono un essere moderatamente razionale, ma su alcuni aspetti ho le mie incrollabili superstizioni.
Per esempio, già da molti giorni prima dello spettacolo, il copione DEVE stare con me. Io e quelle pagine ciancicate, sottolineate, macchiate diventiamo come i pappagallini inseparabili. Ovunque si vada, dobbiamo farlo insieme.
Non sia mai che mi assalga l’urgenza di verificare una battuta nel parcheggio dell’Esselunga mentre cerco l’euro per il carrello o di rinfrescare la memoria durante la messa in piega dalla parrucchiera – che tanto, quanto a clienti eccentriche, ha già visto di tutto. E allora, eccolo lì, “il copione” di turno, rassicurante, fra i quattro pomodori e le pesche noci della sporta del mercato, rasserenante nel borsone della palestra, a sbiadirsi in auto a 50 gradi sul sedile del passeggero, a ungersi di solare nella borsa da spiaggia ma, prudentemente, sempre con me.
Non sono disposta a confessarlo, ma temo di credere che la prossimità fisica con l’oggetto sia in grado di infondere conoscenza per contatto, con la stessa ingenuità con cui da bimbetta credevo agli occhiali a raggi X dell’Intrepido.
E il pudore con cui nascondo le mie manie scompare progressivamente con l’avanzare del countdown pre-spettacolo (e dell’età anagrafica che mi libera da ogni vergogna).
Se all’inizio mi limito con discrezione a sbirciare le pagine non vista o a ripetere una scena con gli auricolari fingendo un’inesistente telefonata, raggiunto il punto di non ritorno arrivo a declamare pubblicamente, camminando avanti e indietro nell’acqua bassa della Terza Spiaggia di Golfo Aranci.
Ma qui ormai mi conoscono e mi sorridono con la stessa benevolenza che si riserva ai matti che appaiono nelle città d’estate.