“Di una città non godi le 7 o 77 meraviglie, ma la risposta che dà ad una tua domanda”.
Lo scriveva Italo Calvino: nei viaggi, anche quelli più lontani, finisci per cercare risposte che ti riguardano molto da vicino. Alcune risposte che ho trovato io:
– Continuo a sentirmi assai affine ai popoli latini, nonostante un fototipo ostinatamente mitteleuropeo.
Ho messo l’inglese nella cassetta del pronto soccorso e mi sforzo di comunicare nell’idioma locale, con risultati comici. Prima di morire devo imparare lo spagnolo: lo penso da quando ho scritto lo spettacolo su Frida Kahlo e questa lingua continua a suonarmi amica. La conferma assoluta è il fatto che qui tutti, ma dico tutti, capiscono il mio cognome al primo colpo e lo scrivono con naturalezza, cosa che in Italia non accade mai. Lo considero un segno.
– Propina, lezione di vita. La propina è la mancia e in Messico tutti se l’aspettano. Io che ho un rapporto “oculato” con il denaro – i maligni lo definirebbero braccino corto – confesso di soffrirla parecchio. Ho anche razionalizzato il mio fastidio con ideali politico sindacali: vorrei una società in cui tutti fossero retribuiti equamente per il loro lavoro e lo svolgessero con il massimo impegno e passione. La logica della mancia mi pare la mercificazione della cortesia. Ma spiegalo tu al benzinaio che mi guarda corrucciato dopo aver lavato il vetro o al posteggiatore abusivo che agita un fazzoletto per indicarti un posto in un parcheggio pubblico. Come Marco Polo, mi arrendo alla cultura locale e prendo in considerazione che esistano differenti visioni del mondo. E giro con un portafoglio aggiuntivo e “sacrificale”, dedicato ai pesos delle mance.
– C’è una proporzionalità diretta tra quanto è lento un viaggio e quanto respiri davvero lo spirito di un luogo. Ho capito che gli spostamenti “di terra”, scomodi, intermittenti sono quelli che mi lasciano gli occhi più pieni di ricordi.
– Dopo il Chiapas, sono arrivata nella Riviera Maya, piena di turisti – sono ricomparsi gli italiani: si riconoscono per l’attenzione al proprio aspetto e la vocazione al selfie professionale. Ho capito di essere sempre più insofferente al turismo dei non-luoghi. Ma è una riflessione complessa che merita un post a parte. La solita snob, intellettuale, zapatista che però viaggia con la carta di credito.
Lo so, abito le mie contraddizioni. 😉