Messico e nuvole – capitolo 4

Messico e nuvole – capitolo 4

In viaggio sulla nostra Dodge a noleggio, non proprio di prima mano. Speriamo sia un vecchio mulo. La strada in questione serpeggia in Chiapas, sale fino ai 2.200 metri di altitudine di San Cristobal de Las Casas. 200 chilometri che si percorrono in circa sei ore.
Eh sì, avete letto bene; Google Maps non è impazzito. Questa tappa non è una tappa, è l’ascesa al paradiso per viaggiatori motivati.
Polizia corrotta – fatto! In realtà non è andata così male; un poliziotto bonario coi baffi ci ferma, e dopo il “dove andate, da dove venite” di ordinanza, arriva… un fiorino! Sorride e, tra un por favor e l’altro, ci spiega che stanno facendo una colletta per la comida – per mangiare. E chi siamo noi per non contribuire alla colletta di un gruppo pericolosamente affamato di uomini in divisa a un posto di blocco? Porgiamo 20 pesos, circa un euro e venti. Il poliziotto non ci arresta, probabilmente ci compatisce.
L’esperienza delle topas – fatta… innumerevoli volte! Dossi artificiali di cemento sulla strada, da superare ai 20 all’ora, se non vuoi rinunciare al semiasse al primo giro. Ce ne sono migliaia che, insieme alle buche sull’asfalto che potrebbero ingoiare un motorino, ti mantengono ad una velocità di crociera che non supera i 40 km all’ora. Sempre che non ti ritrovi – e ti ci ritrovi – a percorrere tornanti dietro ad un camion che fa i 10 km all’ora, sbuffa fumo nero, con il suo carico pericolante di ghiaia, frutta o pneumatici. Sul retro hanno scritte religiose come “Dios es amor” o “La benedicion de Dios”. Suppongo siano preghiere da pronunciare primi di sorpassarli.
I bambini che ti spezzano il cuore e il cammino. Succede all’improvviso; ti avvistano prima loro. Si alzano come cavallette e sollevano un filo con bandierine che attraversa la strada da un capo all’altro della carreggiata che ti obbliga a fermarti. Infilano la testa nell’abitacolo attraverso il finestrino e pigolano per venderti quel poco che hanno: sacchetti con frutti piccoli e rotondi, platano essiccato o poche banane. Hanno occhi scuri e bellissimi, a volte labbri leporini, fratellini per mano o legati addosso con sciarpe consumate. All’inizio regali i tuoi pesos, la scena si ripete ogni poche curve e allora ti arrendi. Sorridi, ti limiti a un no, gracias e loro, nemmeno troppo delusi, riabbassano il filo e riprendono i loro giochi.
Ecco cosa ho visto in dieci minuti, seduta sul seggiolino del passeggero sulla strada statale 199 del Messico:
– pick-up telonato che sobbalza con sei persone sul cassone. Donne sedute e almeno due uomini appesi tra il predellino e il cassone.
– vecchio magro, curvo sotto un cesto di legna appeso alla fronte, e un macete in vita.
– distributore di benzina fatto di sette taniche di plastica bianca, appoggiate su un tavolo e un tubo con imbuto per il rifornimento.
Taqueria y Cocina economica con logo della Coca Cola.
– Donna con neonato, legato al fianco con sciarpa viola, che vende dieci patate in un cestino.
– Un cartello dipinto a mano “Esta usted in territorio Zapatista – stella rossa disegnata – en rebeldia, aqui manda el pueblo, el gobierno obedece”
– tre case di legno, senza finestre.
– 4 topas
– Bambini, cani, polli. Numero imprecisato.

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