La competizione de “i belli”

La competizione de “i belli”

Quaderni della villeggiatura.
La spiaggia che frequento da ormai 25 anni è sardo-caraibica. Una distesa turchese su fondo sabbioso dove, a decine di metri da riva, l’acqua si ostina a non superare l’ombelico.
Su questa spiaggia si sono incrociate la recente evoluzione geopolitica della Gallura con le mie ere geologiche. Quando i miei genitori ci acquistarono un miniappartamento, Golfo Aranci era un paese di pescatori e ferrovieri, in cui i binari delle FS convivevano con la salsedine e la strada ferrata del continente si trasformava qui nella sua versione nuragica.
La mia spiaggia era fatta di ciucci impanati di sabbia, costumini di ricambio, succhetti per la merenda, camionate di secchielli e ruspe da traslocare quattro volte al giorno e orizzonte visivo a un metro da terra per inseguire cuccioli sguscianti. Poi i boys sono cresciuti, sopravvissuti ai costumi bagnati, loro, e alla circo nursery, io; nel frattempo, anche Golfo Aranci ha cambiato faccia ed è diventata una delle località più cool della zona, la spiaggia si è popolata di altra fauna, o almeno così mi pare da quando ho riconquistato la posizione eretta.

Nuovi passatempi.
Alla nostra coppia in spiaggia, liberata dalla gestione bambini, si spalanca una voragine di tempo libero che – al netto di edificanti attività sportivo/intellettuali – confesso dedichiamo alla competizione de “I belli”, una vera e propria disciplina olimpica che prevede l’elezione a nostro insindacabile giudizio della coppia (fluidamente intesa) de “I belli” della stagione.
I criteri sono severissimi e non banali. Certo, l’anagrafe aiuta, ma il collagene non è tutto. Per accedere al titolo è determinante l’attitude: “I belli” si muovono languidamente – per esempio, se giocano a racchettoni, non hanno niente dell’agonismo ballonzolante e scomposto che avrei io (dico “avrei” perché, col cavolo, che ora gioco a racchettoni) – sovente lei o lui si stende su un materassino che l’altro spinge non troppo al largo, amoreggiando di tanto in tanto. Non parlano, i belli, sorridono tra loro. I belli sanno di esserlo e scelgono perciò costumi che scompaiono tra le chiappe di lei o tra i tattoo di entrambi. Come per la sirenetta, i loro capelli obbediscono ad una sensuale disciplina, sconosciuta alle mie chiome, che li mantiene ordinati sotto il panama di paglia, che indossano anche in acqua, insieme agli occhiali da sole.
Credetemi, è un’impresa ardua eleggere la rosa dei candidati (ma impossibile illudersi – ahimè – che sia come a poker: se non trovi il pollo, il pollo sei tu).
Basta un dettaglio a fare scivolare i più promettenti candidati giù dal podio: uno strillo in romanesco, una prosaica conversazione al cellulare, un’asimmetria tra i due componenti… – d’altronde, anche nella vita, non è sempre un dettaglio a farci rivedere i giudizi più entusiastici? – dettaglio che inevitabilmente ci condanna proseguire indefessi il nostro duro lavoro estivo di scouting, fra un’immersione e l’altra.

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