Sindrome da debutto

Sindrome da debutto

Intendo contribuire agli studi sulla psicopatologia del teatrante condividendo con la comunità scientifica alcune osservazioni cliniche compiute da me medesima e su me medesima.

Sono arrivata a distinguere nel processo 5 fasi che si manifestano con particolare evidenza qualora il paziente sia autore e interprete della sua opera, si legga – non possa attribuire a nessun altro la responsabilità dei propri errori.

Fase della Fatica: L’idea esiste, ma è da finalizzare, la data del debutto è lontana, però incombe. Bisogna dare forma, fare memoria, passare dall’entusiasmo creativo alla struttura solida.
Il soggetto è dominato dal verbo “dovere”. “Devo preparare il testo XX, devo fare memoria a tavolino”.

Fase del “sarà una cagata pazzesca”: il debutto si avvicina e il soggetto si convince che quello che ha scritto e che gli sembrava urgente e bellissimo, non è niente di che, che non saprà essere credibile in scena, che sta per perdere in un colpo solo la reputazione costruita in anni di quasi rispettabile lavoro.
Ma non demorde (si tratta pur sempre di una patologia). Il soggetto alterna alti e bassi, fasi di entusiasmo sconsiderato a certezze di morte. Cerca conferme e consigli ovunque, che però sistematicamente ignora, intimamente convinto che l’unica risposta che vale è quella del palco.

Fase del “chi me l’ha fatto fare”: Il debutto è vicinissimo, la macchina organizzativa ha attraversato il punto di non ritorno, il soggetto ripete il testo ovunque – tipicamente in auto, sotto la doccia, mentre cammina – risponde alle domande della vita quotidiana con una battuta del testo. Lo stato del soggetto è di attivazione continua, è emotivamente aperto, fragile, altalenante.
Si rasserena quando fa le prove, per quanto tendano ad andare malissimo. Proverebbe compulsivamente, oltre la ragionevole sopportazione di musicisti, compagni, partner (a volte fortunatamente affetti dalla stessa patologia, a volte, comprensibilmente, no).
La fase 3 può perdurare anche fino a pochi minuti prima del chi è di scena e si distingue dalla precedente in quanto lo spirito critico scompare, sostituito da un generico perdurante stato di ansia/impazienza.

Fase del palcoscenico: Stato di coscienza alterata, botta adrenalinica, rilascio di endorfine, comunione assoluta con il mondo (se lo spettacolo va bene). Irrazionale convinzione, quando ormai tutto è oggettivamente fuori controllo, che qualunque cosa succeda, noi possiamo gestirla. Il “noi” è il pronome dominante. Senso di onnipotenza.

Fase down “e ora?”: Si manifesta dal giorno dopo il debutto. Fase di stanchezza ebete, bisogno continuo di ricordare l’evento; qualora lo spettacolo sia di gruppo, si aggiunge il sintomo della chat euforica, bisogno compulsivo di reiterare episodi, racconti, avvenimenti con vibrazione continua delle notifiche di Whatsapp.
Senso di vuoto, spaesamento, coazione a ripetere.

Ciclicamente, la sindrome si ripete. Il soggetto, anche in uno stadio avanzato della patologia, non può controllare il manifestarsi della crisi da debutto, può tuttavia diventarne più consapevole e prevedere l’insorgenza della fase successiva e sensibilizzare amici e familiari sulla natura transitoria (si fa per dire) del sintomo.

Nel complesso, la prognosi è riservata.

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